Umberto Eco
Secolo XX
Italia
L'Autore - Umberto Eco è nato ad Alessandria nel 1932.
Ordinario di Semiotica all'Università di Bologna, è autore di
molte opere saggistiche. Nel 1980 ha esordito nella narrativa con Il
nome della rosa (che ebbe il Premio Strega nello stesso anno). Il
Pendolo di Foucault, da cui è tratto il brano, è del
1988. Seguirono poi, fino ad oggi, numerose produzioni narrative e saggi.
Ha una forte e profonda attenzione per le tecniche informatiche. In questo
campo ha promosso molte iniziative e contribuito alla creazione di siti di
grande interesse culturale. In questo campo ha promosso molte iniziative e
contribuito alla creazione di siti di grande interesse culturale.
UN GIARDINO ESOTERICO
NOTE:
- I Rosacroce, cui Eco fa ripetutamente cenno, furono una setta
esoterica sorta e sviluppatasi in Germania nel XVII sec. Si diffusero poi
anche in Francia ed in Inghilterra. Tra le idee su cui si basava la loro
dottrina erano prevalenti teorie alchimistiche, orientali e la magia
egiziana. Nel secolo successivo la Massoneria adottò numerosi
simboli e motivi esoterici della setta e il nome Rosacroce rimase solamente
ad identificare un grado di iniziazione massonica.
- Salomon de Caus, scienziato francese, visse tra il 1576 ca.
ed il 1626. Si interessò di molte arti e scienze. Si occupò
del giardino del Castello di Heidelberg e ideò il principio della
macchina a vapore.
- Molte delle simbologie magico-religiose e dei motivi che
appaiono descritti nel brano che segue sono caratteristici del giardino
barocco, come si sviluppò in Italia e in Francia. Con la sua
"profondissima superficialità" Eco riesce a coglierne il significato
ed a darcene una sua autorevolissima interpretazione.
Non dovrei ricordare nulla. Invece ricordo tutto, come se non l'avessi
vissuto io e mi fosse stato raccontato da un altro.
(...)
"Il percorso è rituale," ci stava dicendo Agliè mentre
salivamo. "Questi sono giardini pensili, gli stessi - o quasi - che Salomon
de Caus aveva ideato per gli orti di Heidelberg - voglio dire, per
l'elettore palatino Federico V, nel gran secolo rosacrociano. La luce
è poca, ma così dev'essere, perché è meglio
intuire che vedere: il nostro anfitrione non ha riprodotto con
fedeltà il progetto di Salomon de Caus, ma lo ha concentrato in uno
spazio più angusto. I giardini di Heidelberg imitavano il
macrocosmo, ma chi li ha ricostruiti qui ha solo imitato quel microcosmo.
vedano quella grotta, costruita a rocaille... decorativa senza dubbio. Ma
de Caus aveva presente quell'emblema dell'Atalanta fugiens di
Michael Maier dove il corallo è la pietra filosofale. De Caus sapeva
che attraverso la forma dei giardini si possono influenzare gli astri,
perché ci sono caratteri che per la loro configurazione mimano
l'armonia dell'universo..."
"Prodigioso," disse Garamond. "Ma come fa un giardino a influenzare gli
astri?"
"Ci sono segni che piegano gli uni verso gli altri, che guardano gli uni
agli altri e che si abbracciano, e costringono all'amore. E non hanno, non
debbono avere, forma certa e definita. Chiunque, a seconda che detti il suo
furore o lo slancio del suo spirito, esperimenta determinate forze, come
accadeva con i geroglifici degli egizi. Non ci può essere rapporto
tra noi e gli esseri divini se non per sigilli, figure, caratteri e altre
cerimonie. Per la stessa ragione le divinità ci parlano per mezzo di
sogni ed enigmi. E così sono questi giardini. Ogni aspetto di questa
terrazza riproduce un mistero dell'arte alchemica, ma purtroppo non siamo
più in grado di leggerlo, nemmeno il nostro ospite. Singolare
dedizione al segreto, ne converranno, in quest'uomo che spende quanto ha
accumulato lungo gli anni per far disegnare ideogrammi di cui non conosce
più il senso."
Salivamo, e di terrazza in terrazza i giardini mutavano fisionomia. Alcuni
avevano forma di labirinto, altri figura di emblema, ma si poteva vedere il
disegno delle terrazze inferiori solo dalle terrazze superiori, così
che scorsi dall'alto il disegno di una corona e molte altre simmetrie che
non avevo potuto notare mentre lo percorrevo, e che in ogni caso non sapevo
decifrare. Ogni terrazzo, visto da chi vi si muoveva tra le siepi, per
effetto di prospettiva mostrava alcune immagini ma, rivisto dal terrazzo
superiore, provvedeva nuove rivelazioni, magari di senso opposto - e ogni
grado di quella scala parlava così due diverse lingue nello stesso
momento.
Scorgemmo, a mano a mano che salivamo, piccole costruzioni. Una fontana
dalla struttura fallica, che si apriva sotto una specie di arco o
portichetto, con un Nettuno che calpestava un delfino, una porta con
colonne vagamente assire, e un arco di forma imprecisa, come se avessero
sovrappoosto triangoli e poligoni a poligoni, e ciascun vertice era
sovrastato dalla statua di un animale, un alce, una scimmia, un leone.
"E tutto questo rivela qualcosa?" chiese Garamond.
"Indubbiamente! Basterebbe leggere il Mundus Symbolicus del
Picinelli, che l'Alciato aveva anticipato con singolare furore profetico.
Tutto il giardino è leggibile come un libro, o come un incantesimo,
che è poi la stessa cosa. Potreste, sapendo, pronunciare a bassa
voce le parole che il giardino dice, e sareste capaci di dirigere una delle
innumerevoli forze che agiscono nel mondo sublunare. Il giardino è
un apparato per dominare l'universo."
Ci mostrò una grotta. Una malattia di alghe e scheletri di animali
marini, non so se naturali, in gesso, in pietra... Si intravedeva una
naiade abbracciata a un toro dalla coda squamosa di gran pesce biblico,
adagiato in una corrente d'acqua, che fluiva dalla conchiglia che un
tritone teneve a modo d'anfora.
"Vorrei che loro cogliessero il significato profondo di questo che
altrimenti sarebbe un banale gioco idraulico. De Caus sapeva bene che se si
prende un vaso, lo si riempie d'acqua e lo si chiude in alto, anche se poi
si apre un foro sul fondo, l'acqua non esce. Ma se si apre anche un foro al
di sopra, l'acqua defluisce o zampilla in basso."
"Non è ovvio?" chiesi. "Nel secondo caso entra l'aria dall'alto e
spinge l'acqua in basso."
"Tipica spiegazione scientista, in cui si scambia la causa per l'effetto, o
viceversa. Lei non deve chiedersi perché l'acqua esce nel secondo
caso. Deve chiedersi perché si rifiuta di uscire nel primo."
"E perché si rifiuta?" chiese ansioso Garamond.
"Perché se uscisse rimarrebbe del vuoto nel vaso, e la natura ha
orrore del vuoto. Nequaquam vacui, era un principio rosacrociano,
che la scienza moderna ha dimenticato."
"Impressionante," disse Garamond. "Casaubon, nella nostra meravigliosa
storia dei metalli queste cose debbono venir fuori, mi raccomando. E non mi
dica che l'acqua non è un metallo. Fantasia, ci vuole."
"Mi scusi," disse Belbo ad Agliè, "ma il suo è l'argomento
post hoc ergo ante hoc.Quello che viene dopo causa quello che veniva
prima."
"Non bisogna ragionare secondo sequenze lineari. L'acqua di queste fontane
non lo fa. La natura non lo fa, la natura ignora il tempo. Il tempo
è un'invenzione dell'Occidente."
Da: Umberto Eco - IL PENDOLO DI FOUCAULT - Ediz. Bompiani 1988/2 -
pagg. 266-268
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