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Giovanni Boccaccio

Secolo XIV
Italia

L'Autore - Giovanni Boccaccio (Parigi 1313 - Certaldo 1375). Figlio naturale del mercante Boccaccio da Chellino, a 15 anni fu mandato a Napoli per fare pratica mercantile e bancaria. Ma, nella città tentatrice, “la corte fiorente di re Roberto, gli agi, le delizie, l’effeminatezza, l’ozio, la vita cortigiana disposero l’animo suo ai piaceri e alla vita gaia e lo volsero a quella letteratura deliziosa-licenziosa che rispondeva alla sua natura, ai suoi tempi e a tutti i tempi, perché la natura umana, quand’anche lo si voglia negare, si compiacque sempre di sentir narrare storie di sollazzevoli amori e di avventure galanti” [A. Ottolini] Tutta la sua vita sarà improntata da questi inizi napoletani, anche dopo che, tornato a Firenze ed iniziato da Petrarca al nuovo umanesimo, fu al centro di un circolo dedito agli studi classici, promosse lo studio del greco e cominciò a scrivere quasi esclusivamente in latino per un pubblico erudito.
Il Decameron, raccolta di 100 novelle che si immaginano narrate in dieci giornate da 7 fanciulle e 3 giovani gentiluomini nel ritiro di una villa fiesolana durante la peste del 1348, costituisce un grandioso affresco della società del tardo Medioevo. Da situazioni comiche e di una sensualità innocente e sboccata, si passa a picchi intensamente drammatici che ritraggono virtù ed ideali della società cortese in declino.
Alcune delle opere principali: Periodo napoletano (1334-1340) Filocolo, romanzo; Filostrato, poema in ottave. Periodo fiorentino (1341-1346) Ninfale d’Ameto, prosa con terzine dantesche; Amorosa visione, sullo stile dei Trionfi del Petrarca; Ninfale fiesolano, favola; Decameron (1349-1351). Periodo classico (1350-1375) in latino: Bucolicon carmen; De claris mulieribus; De montibus, silvis, fontibus; in italiano: Corbaccio, satira antifemminista; Esposizioni della Commedia, commenti danteschi.

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UN GIARDINO PER DIMENTICARE LE DISGRAZIE DEL MONDO

Non si tratta qui di una delle notissime 100 novelle del Decameron, bensì dell’incipit della Terza Giornata di isolamento, quella in cui la comitiva di giovani, sotto la guida di Neifile, Regina del giorno, si trasferisce in una nuova villa più adatta alla bisogna. Il giardino che vi viene descritto può a buon diritto essere considerato paradigma di un ideale di vita, quasi un presagio, con più di un secolo di anticipo, di quello che sarà il Sogno di Polifilo di Francesco Colonna. Vialetti dritti come saette, e ben curati; presenti tutte le piante climaticamente compatibili; e di queste molte portano contemporaneamente sia i frutti (utilitarismo) che i fiori (edonismo); profumi sparsi ovunque per l’aria; acque pulite ed abbondanti governate da sapienti artifici; ombre protettive che ti accompagnano per ogni dove.
Ma la forma del giardino (un hortus conclusus completamente separato dal mondo esterno) ci accorgiamo ben presto che attiene anche ad una dimensione onirica, quando quasi dal niente si popola di lepri, caprioli, cerbiatti ed altre centinaia di specie di uccelli ed animali: tutti domestici, giocherelloni e mansueti. Dopo il sogno, presto la realtà prende il sopravvento. Si apparecchiano le tavole attorno alla fontana, si banchetta, si giuoca a scacchi e si dà inizio al novellare della terza giornata.

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FINISCE LA SECONDA GIORNATA DEL DECAMERON: INCOMINCIA LA TERZA, NELLA QUALE SI RAGIONA, SOTTO IL REGGIMENTO DI NEIFILE, DI CHI ALCUNA COSA MOLTO DA LUI DISIDERATA CON INDUSTRIA ACQUISTASSE, O LA PERDUTA RICOVERASSE.

L'aurora già di vermiglia cominciava, appressandosi il sole, a divenir rancia (1), quando la domenica la Reina levata, e fatta tutta la sua compagnia levare, e avendo già il siniscalco gran pezzo davanti (2) mandato al luogo dove andar doveano assai delle cose opportune e chi quivi preparasse quello che bisognava (3), veggendo già la Reina in cammino, prestamente fatta ogn'altra cosa caricare, quasi quindi il campo levato, colla salmerìa n'andò e colla famiglia (4) rimasa appresso delle donne e de' signori. La Reina adunque, con lento passo, accompagnata e seguita dalle sue donne e dai tre giovani, alla guida del canto di forse venti usignuoli e altri uccelli, per una vietta non troppo usata ma piena di verdi erbette e di fiori, li quali per lo sopravvegnente sole tutti s'incominciavano ad aprire, preso il cammino verso l'occidente, e cianciando e motteggiando e ridendo colla sua brigata, senza essere andata oltre a dumilia passi, assai avanti che mezza terza fosse (5), ad un bellissimo e ricco palagio, il quale alquanto rilevato dal piano sopra un poggetto era posto, gli ebbe condotti. Nel quale entrati, e per tutto andati, e avendo le gran sale, le pulite e ornate camere compiutamente ripiene di ciò che a camera s'appartiene (6), sommamente il commendarono, e magnifico reputarono il signor di quello. Poi a basso discesi, e veduta l'ampissima e lieta corte di quello, le volte (7) piene d'ottimi vini, e la freddissima acqua e in gran copia che quivi surgea, più ancora il lodarono. Quindi, quasi di riposo vaghi (8), sopra una loggia che la corte tutta signoreggiava, essendo ogni cosa piena di quei fiori che concedeva il tempo e di frondi (9), postisi a sedere, venne il discreto siniscalco, e loro con preziosissimi confetti e ottimi vini ricevette e riconfortò. Appresso la qual cosa, fattosi aprire un giardino che di costa era al palagio (10), in quello, che tutto era d'attorno murato (11), se n'entrarono; e parendo loro nella prima entrata di maravigliosa bellezza tutto insieme (12), più attentamente le parti di quello cominciarono a riguardare. Esso avea d'intorno da sè e per lo mezzo in assai parti (13) vie ampissime, tutte diritte come strale (14) e coperte di pergolati di viti, le quali facevan gran vista di dovere quello anno assai uve fare; e tutte allora fiorite sì grande odore per lo giardin rendevano, che mescolato insieme con quello di molte altre cose che per lo giardino olivano (15), pareva loro essere tra tutta la spezierìa che mai nacque in Oriente (16). Le làtora (17) delle quali vie tutte di rosaj bianchi e vermigli, e di gelsomini erano quasi chiuse: per le quali cose, non che la mattina, ma qualora il sole era più alto (18), sotto odorifera e dilettevole ombra, senza esser tocco da quello, vi si poteva per tutto andare.

Quante e quali e come ordinate poste fossero (19) le piante che erano in quel luogo, lungo sarebbe a raccontare; ma niuna n'è laudevole, la quale il nostro àere patisca, di che quivi non sia abondevolmente (20). Nel mezzo del quale (quello che è non men commendabile che altra cosa che vi fosse, ma molto più) (21), era un prato di minutissima erba, e verde tanto che quasi nera parea, dipinto tutto forse di mille varietà di fiori, chiuso d'intorno di verdissimi e vivi aranci e di cedri, li quali avendo i vecchi frutti e i nuovi e i fiori ancora, non solamente piacevole ombra agli occhi, ma ancora all'odorato facevan piacere. Nel mezzo del qual prato era una fonte di marmo bianchissimo e con maravigliosi intagli. Iv'entro (22), non so se da natural vena o da artificiosa (23), per una figura la quale sopra una colonna che nel mezzo di quella diritta era, gittava tanta acqua e sì alta verso il cielo, che poi non senza dilettevol suono nella fonte chiarissima ricadea, che di meno avrìa macinato un mulino. La qual poi (quella dico che sopra abondava al pieno della fonte) (24) per occulta via del pratello (25) usciva, e per canaletti assai belli e artificiosamente fatti, fuori di quello, divenuta palese, tutto lo 'ntorniava; e quindi per canaletti simili, quasi per ogni parte del giardin discorrea (26), raccogliendosi ultimamente in una parte, dalla quale del bel giardino avea l'uscita, e quindi verso il pian discendendo chiarissima, avanti che a quel divenisse (27), con grandissima forza, e con non piccola utilità del signore, due mulina volgea.

Il veder questo giardino, il suo bello ordine, le piante e la fontana co' ruscelletti procedenti da quella (28), tanto piacque a ciascuna donna e a' tre giovani, che tutti cominciarono ad affermare che, se Paradiso si potesse in terra fare, non sapevano conoscere che altra forma che quella di quel giardino gli si potesse dare, nè pensare, oltre a questo, qual bellezza gli si potesse aggiugnere.

Andando adunque contentissimi d'intorno per quello, faccendosi di vari rami d'àlbori ghirlande bellissime, tuttavia udendo forse venti maniere di canti d'uccelli quasi a pruova l'un dell'altro cantare (29), s'accorsero d'una dilettevol bellezza, della quale, dall'altre soprappresi (30), non s'erano ancora accorti. Chè essi videro il giardin pieno forse di cento varietà di belli animali, e l'uno all'altro mostrandolo, d'una parte uscir conigli, d'altra parte correr lepri, e dove giacer cavriuoli, e in alcuna cerbiatti giovani andar pascendo, e oltre a questi, altre più maniere di non nocivi animali (31), ciascuno a suo diletto, quasi dimestichi, andarsi a sollazzo (32). Le quali cose, oltre agli altri piaceri, un vie maggior piacere (33) aggiunsero. Ma poi che assai, or questa cosa or quella veggendo, andati furono, fatto d'intorno alla bella fonte metter le tavole (34), e quivi prima sei canzonette cantate e alquanti balli fatti, come alla Reina piacque, andarono a mangiare. E con grandissimo e bello e riposato ordine serviti, e di buone e dilicate vivande, divenuti più lieti, sù si levarono, e a' suoni e a' canti e a' balli da capo si dierono, infino che alla Reina per lo caldo sopravvegnente (35), parve ora che, a cui piacesse, s'andasse a dormire. De' quali chi vi andò e chi, vinto dalla bellezza del luogo, andar non vi volle, ma quivi dimoratisi, chi a legger romanzi, chi a giucare a scacchi e chi a tavole (36), mentre gli altri dormivan, si diede.

Ma poi che passata la nona (37) levato si fu, e il viso colla fresca acqua rinfrescato s’ebbero, nel prato, sì come alla Reina piacque, vicini alla fontana venùtine, e in quello secondo il modo usato postisi a sedere, ad aspettar cominciarono di dover novellare sopra la materia dalla Reina proposta.

NOTE di Larkie

(1) - a divenir rancia = a farsi dorata
(2) - avendo già il siniscalco gran pezzo davanti = avendo già il maggiordomo molto tempo prima
(3) - assai delle cose opportune e chi quivi preparasse quello che bisognava = la maggior parte delle cose necessarie assieme a coloro che dovevano prepararle
(4) - colla salmerìa n'andò e colla famiglia = vi andò con le vettovaglie e con la servitù
(5) - assai avanti che mezza terza fosse = molto prima che fosse trascorsa un’ora e mezza dal levare del sole
(6) - ripiene di ciò che a camera s'appartiene = piene di quelle cose che devono stare in una camera
(7) - le volte = le cantine
(8) - vaghi = desiderosi
(9) - essendo ogni cosa piena di quei fiori che concedeva il tempo e di frondi = essendovi ovunque abbondanza di quelle piante verdi e fiorite che la stagione concedeva
(10) - che di costa era al palagio = che stava a fianco al palazzo
(11) - tutto era d'attorno murato = era tutto circondato da mura
(12) - parendo loro nella prima entrata di maravigliosa bellezza tutto insieme = sembrandogli a prima vista bellissimo nel suo complesso
(13) - in assai parti = dovunque
(14) - come strale = come frecce
(15) - olivano = spandevano profumo
(16) - tra tutta la spezierìa che mai nacque in Oriente = in mezzo a tutte le spezie prodotte dall’Oriente
(17) - le làtora = i bordi
(18) - non che la mattina, ma qualora il sole era più alto = non solo al mattino, ma anche quando il sole era più alto
(19) - e come ordinate poste fossero = e come fossero disposte
(20) - ma niuna n'è laudevole, la quale il nostro àere patisca, di che quivi non sia abondevolmente = ma non ce n’è una sola, delle più belle che vivono nel nostro clima, che qui non sia copiosamente rappresentata
(21) - quello che è non men commendabile che altra cosa che vi fosse, ma molto più = ciò che è perfino più ammirevole di tutte le altre cose che c’erano
(22) - Iv'entro = entro la quale
(23) - da natural vena o da artificiosa = da una vena naturale o artificiale
(24) - quella dico che sopra abondava al pieno della fonte = intendo quella che debordava rispetto al troppopieno
(25) - del pratello = dal praticello
(26) - quasi per ogni parte del giardin discorrea = scorreva quasi dovunque nel giardino
(27) - avanti che a quel divenisse = prima ancora di giungervi
(28) - procedenti da quella = che da quella uscivano
(29) - quasi a pruova l'un dell'altro cantare = quasi che cantassero a gara tra loro
(30) - dall'altre soprappresi = sorpresi dalle altre
(31) - più maniere di non nocivi animali = più razze di animali mansueti
(32) - ciascuno a suo diletto, quasi dimestichi, andarsi a sollazzo = i quali, quasi fossero addomesticati, si sollazzavano qua e là come volevano
(33) - un vie maggior piacere = un piacere ancor più grande
(34) - metter le tavole = apparecchiare
(35) - per lo caldo sopravvegnente = per il calore della giornata che stava aumentando
(36) - a tavole = ad un giuoco forse simile al tric-trac (o Tavola reale, oggi Back-gammon)
(37) - passata la nona = il medioevo divideva la giornata dall’alba a sera in quattro periodi che iniziavano al levare del sole e terminavano al tramonto: terza, sesta, nona e vespro. Venivano annunciati dal suono delle campane e le singole durate variavano con le stagioni.

Da: Giovanni Boccaccio - DECAMERON - prefazione di Angelo Ottolini - V° edizione, HOEPLI 1948 - pagg 163-165

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